Proposta di ristrutturazione nel centro di Rimini

Proposta di ristrutturazione nel centro di Rimini

Relatore: Prof. Arch. D. Cardini
Correlatore/i: Prof. Arch. P. Sampaolesi, Prof. Arch. L. Savioli
Laureando/i: Nedo Pivi
Anno accademico: 1965/1966

Abstract

Le radici del progetto

All’inizio degli anni 60, nella città di Rimini si aprì un dibattito sulle sorti di piazza Malatesta e i suoi monumenti: la Rocca Malatestiana ed il Teatro del Poletti.

Le cronache riferivano essenzialmente di due drastiche posizioni (come sempre).

Da una parte i sostenitori del Teatro Galli, quelli della “memoria corta” che si rifacevano ai fasti mondani iniziati circa un secolo prima e continuati fino a prima della guerra, dall’altra i “Malatestiani”, cultori della storia riminese dal Medioevo al Rinascimento, e delle imprese culturali e militari di Sigismondo Malatesta.

Così gli articoli che si alternavano sulle pagine locali del Resto del Carlino, vedevano in prima pagina ora le posizioni dell’una, ora dell’altra parte senza accorgersi che nella sostanza entrambe richiamavano immagini della città di due momenti altrettanto importanti e peculiari: la notorietà derivata dalle fortune e dalle intuizioni di Sigismondo Malatesta e della sua corte, e lo sviluppo del “borgo di campagna” voluto dalla borghesia illuminata dell’800, che non solo con il Teatro, ma con lo stabilimento bagni ed il Grand Hotel  seppe dare forse l’ultima immagine strutturata di città viva ed in espansione.

Nella sostanza i “polettiani” avrebbero voluto un rilevante ampliamento del Teatro Galli a scapito della Rocca, avvantaggiati dallo stato di degrado di quest’ultimo e dalla difficoltà da parte dei riminesi di vederne un suo effettivo recupero ai fini funzionali, come spazio pubblico ed urbano.

La Rocca, infatti,  era ancora adibita a carcere, emarginata e quasi nascosta nel quadro della città; per gran parte dei riminesi, era più nota come “le prigioni”, e quindi, come immagine, più da rimuovere che da recuperare.

Non a caso nell’800 era stato costruito il Teatro come efficace quinta divisoria fra piazza Cavour e questo carcere.

Per la fazione “polettiana”, era dunque giunto il momento di procedere con coerenza su questo disegno iniziato un secolo prima, portandolo ora alla conseguenza estrema, restringendo in modo irreversibile lo spazio di pertinenza della Rocca.

L’altra fazione era quella che sosteneva la cultura del Medioevo e dei Malatesta come unica storia valida da riportare alla luce, per cui proponeva addirittura l’abbattimento di ciò che restava del Teatro, imposto dalla borghesia dell’800 senza tener conto della storia della città; e anche il teatro in quegli anni era veramente un ammasso di macerie.

All’inizio dell’800 poi, con l’arrivo di Napoleone, era stata cancellata un’altra parte della storia riminese e di piazza Malatesta: la Cattedrale di Santa Colomba, di cui rimane solo una delle due torri campanarie.

La parte “malatestiana” ha avuto un nuovo impulso quando, grazie ad uno dei suoi sostenitori, il cav. Bartolani, e all’interessamento dell’arch. Bruno Zevi furono trasferite le carceri ed avviato il progetto di recupero della Rocca, affidandolo al prof. arch. P. Sanpaolesi (1968).

Il turismo e le sue opportunità

Erano anche gli anni del boom economico, e a Rimini confluivano in estate, decine di migliaia di giovani, di intere famiglie, da tutta Europa.

Qualcuno sostiene che tanta fama sia derivata a Rimini dalla sua posizione strategica  nella Linea Gotica dell’ultimo conflitto mondiale e dalle relative, nefaste conseguenze di crocevia di truppe di ogni nazione, che ora, dopo averla distrutta, se ne tornavano a goderne a buon mercato la rinascita.

Sempre in quegli anni, Furio Colombo, dagli Stati Uniti, mandava in onda sulla televisione italiana alcuni servizi che rappresentavano le nuove tendenze dei giovani americani, volte a rompere con gli schemi associativi tradizionali in favore di nuove forme e luoghi di aggregazione di massa e di scambio culturale.

Valutare queste tendenze per Rimini, valorizzando la sua storia, il suo entroterra e tutte le opportunità date dall’incontro di culture diverse del periodo estivo, non limitandosi alla sola offerta della spiaggia come unica forma di vacanza, sarebbe stato oltremodo positivo.

Le nuove tendenze urbanistiche

Contemporaneamente le tendenze urbanistiche ed architettoniche europee si emancipavano dal modo statico di intendere i centri storici, e molti erano gli esempi di progetti e di realizzazioni volti a farne dei luoghi vitali ricercando, con nuove forme architettoniche, nuovi servizi, nuovi sistemi di traffico, il richiamo e l’incontro della gente in ogni ora del giorno, in ogni stagione

Per tutti il modello era la piazza storica italiana, circondata e resa vitale dalle varie funzioni che vi si affacciavano, da quelle pubbliche  amministrative, alle attività commerciali, a quelle sociali e culturali.

Da questo punto di vista la piazza Cavour di Rimini, in quegli anni – con la Pescheria ancora funzionante, la Sala dell’Arengo, il Palazzo Comunale, in cui risiedevano in pratica tutti gli uffici comunali, dall’anagrafe ai vigili urbani, con le grandi opportunità sino ad allora inespresse dell’attigua piazza Malatesta e dei suoi monumenti (Teatro, Rocca), la vicinanza del fiume e di altri monumenti di notevoli dimensioni, come il palazzo degli Agostiniani – costituiva indubbiamente  tema di interesse e una ghiotta occasione per uno studente che si apprestava a preparare la tesi di Laurea in architettura e che aveva vissuto da vicino le vicende riminesi.

La Facoltà di Architettura di Firenze, viveva un momento particolarmente felice e produttivo. L’entusiasmo e la creatività di insegnanti come L. Savioli e L. Ricci, costituivano un motore inesauribile che si sovrapponeva alla preparazione tecnica, compositiva e storica di architetti come D. Cardini e P. Sanpaolesi. Sulla loro spinta cresceva lo spessore e il valore delle tesi di laurea.

La differenza fra l’Italia e gli altri Paesi era che, mentre all’estero le tendenze sociali e culturali erano normalmente recepite dal potere politico ed economico, che non ponevano indugi nella ristrutturazione e spesso nel ridisegnare i centri delle città,  in Italia e a Rimini in modo particolare, non sarebbe stato così e non si sarebbe andati oltre all’incolta e cieca speculazione edilizia: la tristemente nota “RIMINIZZAZIONE”.

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