Teatro di Coriano (RN). Ipotesi di Consolidamento e Adattamento

Teatro di Coriano (RN). Ipotesi di Consolidamento e Adattamento

Relatore: Prof. Arch. Silvio Van Riel
Correlatore/i: Prof. Berta Leggeri, Arch. Iader Carlini
Laureando/i: Michele Foschi, Pierluigi Pini
Anno accademico: 1998/1999

Abstract

 

Teatro Coriano

Premessa

 

L’edificio, oggetto della tesi, è sito in un ridente paesino del-l’entroterra romagnolo, Coriano di Rimini: vi occupa una posizione quasi centrale, organizzato longitudinalmente lungo il corso principale, Via Garibaldi, sul quale si affacciano quasi tutte le attività: i giardini pubblici, la chiesa, la pensione, la banca, la piazza.

Realizzato verso la fine dell’Ottocento, inizialmente destinato a scuole ed uffici amministrativi e trasformato poi in Teatro ad inizio secolo, il Palazzo è attualmente privo di alcuna utiliz-zazione. Lo stato di conservazione del complesso architettonico risulta estremamente precario, sommandosi il parziale abbandono e comunque il non uso degli ambienti, ai problemi di generale degrado e inadeguatezza delle parti strutturali, architet-toniche ed impiantistiche e l’avvenuta demolizione di super-fetazioni non strutturali al suo interno.

Strutturalmente il  Palazzo si compone di due piani più lo scantinato. Nell’ultimo utilizzo, risalente alla fine degli anni ottanta, al piano inferiore erano allocati una sala mostre, un appartamento, l’ingresso al cinema e la palestra; al primo piano la biblioteca e la galleria del cinema; nello scantinato, cui si accedeva dal retro dell’edificio, la centrale termica, i bagni pubblici ed un bar. In adiacenza allo stabile, nella parte posteriore, era stata posta la pescheria.

Con il nuovo progetto si intendono realizzare tutte quelle opere strutturali volte a garantire il miglioramento statico del fabbricato, in relazione alle previste opere di adeguamento funzionale; nel contempo si procederà alla realizzazione di un complesso di interventi volti ad un generale adeguamento del fabbricato alle normative sismiche vigenti.

 

Note storiche

Il Comune di Coriano è per ampiezza territoriale il secondo comune della Provincia di Rimini. In questo suo enorme territorio vivono poco più di 8.000 persone. Ma innumerevoli sono le realtà ubicate in questa area, nelle cinque frazioni (Coriano paese, Ospedaletto, Cerasolo, Mulazzano, Besanigo). Geograficamente è sempre stata una zona cuscinetto fra altre realtà maggiori: nel passato, tra il Riminese e la Vallata del fiume Conca; oggi, al centro del triangolo più importante d’Europa formato dalle spiagge di Rimini e Riccione e dalle antiche torri di San Marino.

Coriano ha origini antichissime. Fu colonia degli Umbri, degli Etruschi, dei Romani.

Nel Medioevo le uniche informazioni ci pervengono tramite il “Codice Bavaro”, registro ravennate in cui venivano registrati i beni posseduti dagli arcivescovi di Ravenna e che testimoniano il dominio quasi incontrastato della chiesa ravennate sulla zona.

La storia successiva vede l’alternarsi di vari conquistatori che si contendono nel corso dei secoli il dominio delle campagne del Riminese: più volte, nel corso dei secoli, il fatto di essere punto d’incontro ha trasformato Coriano in un punto di scontro tra eserciti. Fu conquistata dai Goti, dai Bizantini, da Imperatori tedeschi, dai Malatesta, dai Borgia, dalla Repubblica di Venezia, dagli eserciti spagnoli, dallo Stato Pontificio, ed altri ancora.

Verso la seconda metà del Quattrocento i Malatesta costruiscono un castello, che nel 1528, Papa Clemente VII assegna ai Sassatelli di Imola, come compenso per l’aiuto prestatogli contro i Malatesta, ormai caduti in disgrazia. All’insigne famiglia imolese Coriano deve il suo stemma cittadino, ancor’oggi visibile sull’arco d’ingresso del Castello.

Nel 1605 il borgo ritorna a far parte dei possedimenti del Papato fino alla costituzione del Regno d’Italia, quando la vita del paese ebbe poi un nuovo fermento. Dal 1861 Coriano fu scelta come sede di Mandamento, ovvero di un ente amministrativo che governava su sei comuni (Misano, Montecolombo, Montescudo, Morciano, San Clemente oltre che Coriano) ed era dotato di tutti quegli uffici governativi che vanno dal catasto, al tribunale, agli uffici notarili. Passati questi primi anni tumultuosi e ricchi di avvenimenti, ben pochi sono i fatti degni di rilevo in questi primi decenni post-unitari: l’amministrazione comunale, in mano a personaggi che gestivano questo potere più per proprio lucro che per interesse comune, spesso in crisi di direzione politica e sicuramente ben poche volte efficiente, avvia una timida politica di investimento in opere pubbliche.

La Prima Guerra Mondiale ridusse ulteriormente la già poco numerosa popolazione del paese cresciuta costantemente a partire dall’unità d’Italia. L’economia del comune era quasi completamente agricola, vi mancavano del tutto le industrie, ridottissimo l’artigianato e il commercio. Spezzettamento poderale ed arretratezza culturale facevano di Coriano un comune povero anche in presenza di una fertilità notevole in diverse parti del suo territorio.

Il nome di Coriano balzò all’attenzione del mondo nel corso della Seconda Guerra Mondiale quando, nel settembre 1944, vi si combatté la più aspra e micidiale battaglia per lo sfondamento della Linea Gotica e la conquista del passaggio nella Valle Padana. L’intero paese fu distrutto. Il passaggio del Fronte aveva lasciato solo morte e distruzione e l’opera di ricostruzione per una popolazione così duramente colpita fu lunga e faticosa; in più si aggiunsero a peggiorare la situazione gli “sfollati” di Rimini e dintorni.

Nel dopoguerra Coriano registrò uno spopolamento delle propie campagne a favore della vicina Costa, e un rapido passaggio da economia totalmente agricola ad una prevalentemente industriale avvenuta a cavallo degli anni Sessanta e Settanta.

Alla fine degli anni Settanta nasceva, per opera di Vincenzo Muccioli, la più grande comunità italiana per il recupero dei tossicodipendenti ed oggi è inoltre un centro di fiorente produzione (calzature con il gruppo leader della Valleverde, artigianato, agricoltura).

Attualmente il Comune versa in cattive condizioni finanziarie per l’impossibilità di accedere a mutui, e il suo peso socio-economico gli impedisce di avere dei finanziamenti regionali o statali finalizzati al recupero di “contenitori” per attività ricreative culturali.

Il problema del recupero di questo edificio che costituisce il patrimonio storico-culturale del paese stesso, è stato affrontato solo tramite piccoli interventi di manutenzione e ripristino, come l’utilizzo dell’ala che ospitava le sedi dei partiti, con il rifacimento del solaio sopra la zona porticato, ecc.. In questo modo l’Amministrazione cerca di ripristinare questo stabile che con la particolare conformazione distributiva ed anche locativa, bene può adattarsi ai requisiti esigenziali che vengono richiesti al normale ampliamento socio-economico del paese. Infatti, le varie associazioni, sia di carattere culturale che ricreativo, abbisognano di spazi che questa struttura può offrire, non solo, ma per la sua particolare distribuzione, i momenti di unione possono assistere contemporaneamente all’interno.

 

Il palazzo del Teatro Comunale

Il Palazzo del Teatro Comunale di Coriano è uno dei pochi edifici di proprietà comunale ad avere una certa storia. Nonostante le sue innumerevoli trasformazioni interne e di destinazione d’uso, l’esterno dell’edificio, fortunatamente salvatosi anche dalle distruzioni della Seconda Guerra Mondiale, non è mutato.

Le premesse delle sue origini risalgono ad oltre un secolo fa. Il primo consiglio comunale il 23 maggio 1863 delibera di acquistare il terreno dirimpetto al Campo della Fiera (gli attuali giardini) di proprietà del Conte Luigi Salvoni per erigervi un teatro nonché le scuole elementari maschili.

Le trattative per l’acquisto risultano alquanto complesse: solamente nel settembre del 1865 ci si accorderà sul prezzo stabilito in £. 4.000. Ma l’acquisto del terreno provocò innumerevoli liti tra la Giunta Comunale e il Conte Luigi Salvoni, accusato di aver rigirato la Giunta. Fra una sentenza e un ricorso al Tribunale, il progetto della nuova costruzione rimase bloccato, anche in conseguenza delle innumerevoli crisi di direzione Comune.

Occorrerà aspettare sino al maggio 1889 per arrivare alla presentazione del progetto per il nuovo palazzo per gli uffici finanziari governativi e per le scuole elementari al Consiglio Comunale.

Il progetto è di Alessandro Ferri, perito comunale di Coriano, allievo di quel Poletti che progettò il Teatro di Rimini (piazza Cavour). Sul lato mare venivano alloggiati tutti gli uffici governativi: uffici del registro, catasto, archivio notarile. Occorre ricordare che allora Coriano era sede di mandamento ed ospitava tutti gli uffici governativi per il territorio di sei comuni e fra questi era il più popoloso. Sul lato monte erano invece collocate le scuole elementari maschili.

La costruzione del palazzo richiese quasi quattro anni di lavoro: dall’estate del 1889 alla fine del 1893. Gli uffici governativi vi entrarono dal 1 gennaio 1894. Esso costò la somma, notevole per quei tempi, di L. 40.000.

Altra traversia il Palazzo la ebbe per ciò che riguarda la destinazione d’uso, le cui notizie sono piuttosto frammentarie.

Come già ricordato, il progetto, prevedeva una parte destinata a scuole elementari maschili e l’altra destinata ad uffici amministrativi. Sembra però che la scuola non ebbe avuto lunga vita ed è dei primi del Novecento l’idea della trasformazione in teatro. La ragione di questo mutamento, ebbe luogo per cause di forza maggiore: la mancanza di scolaresca. Il problema della scolarizzazione in questo Comune ed in tutti quei Comuni ad attività prettamente agricola, era particolarmente grave.

Le note statistiche dell’epoca, fine Ottocento, rilevano che appena l’otto, dieci per cento della popolazione avente diritto, frequentava la scuola; ma questa esigua percentuale, formata soprattutto dai rampolli delle classi più abbienti, era assorbita dalla scuola privata delle Maestre Pie dell’Addolorata, gestita da suore.

Del ventennio che va dal 1920 al 1940 non si hanno notizie certe; le uniche che parlano di teatro raccontano che era la sede di feste da ballo, negli anni Trenta si ha poi l’allestimento dell’O.N.D. (Opera Nazionale Dopolavoro), circolo ricreativo posto nello scantinato dello stabile.

Dati più certi si hanno di quest’ultimo ventennio. Dal 1964 al 1965 si apportarono quelle modifiche che avrebbero dato al teatro l’ultima fisionomia, tranne un successivo intervento per motivi di sicurezza.

Demolita la vecchia galleria, se ne costruiva una a gradoni inserendo nella struttura in muratura una soletta in cemento armato, mentre dalla parte del palco si resero necessari due pilastri alti fino al tetto per stabilizzare questo “scatolone” che si era svuotato. Furono aperte uscite di sicurezza, tamponate alcune aperture e costruita una scala a chiocciola per accedere alla sala proiezione posta sopra il porticato. Si istallarono nuovi servizi ad uso del cinema-teatro poiché i primi erano divenuti inutilizzabili.

L’ulteriore modifica, avvenuta successivamente, di carattere tecnico, fu dettata da norme dei Vigili del Fuoco e prevedeva la riduzione dei posti a sedere sia in galleria che nella platea.

Altro intervento di una certa consistenza si eseguì intorno agli anni 1972 – 1975. Tali lavori erano finalizzati alla costruzione della biblioteca comunale. Dapprima si realizzò una seconda scala affiancata a quella già esistente che fungeva da collegamento tra galleria e platea e per far questo si dovette far riscontro ad una struttura suppletiva in pilastri e travi. Lo spazio per fare la scala si tolse all’appartamento che “provvisoriamente” era stato ricavato in una parte del Palazzo. Per permettere l’installazione della biblioteca, con conseguenti problemi di sovraccarico, fu realizzato ex novo un solaio in travetti e tavelloni calcolato in semplice appoggio e tenuto unito da una trave di bordo. Si ricavarono una direzione, una segreteria con funzione di sala riunione, una sala consultazione più grande ed una più piccola, nonché un servizio per tutta la zona; sempre sotto il porticato, nella parte del Palazzo che ospitava lo spaccio, una sala mostre e nella parte rimanente di questa ala la sede di un sindacato.

 

Condizione statica e relazione tecnico-illustrativa delle opere

Al momento del rilievo il Palazzo presenta quei segni che il tempo, gli agenti atmosferici e l’incuria lasciano sugli edifici che non hanno mai avuto, nell’arco della propria vita, un serio intervento di manutenzione.

Dall’ultimo conflitto Mondiale questo stato di trascuratezza si è accentuato e i fori lasciati dalle granate segnano tutto il perimetro dell’edificio. I materiali hanno resistito anche troppo bene al degrado fisico, i muri non presentano segni di intonacatura esterna ed i cedimenti, peraltro lievi, avuti sulle facciate, sono stati contenuti con l’innesto di chiavi in ferro.

Riguardo alle soluzioni statiche adottate per la costruzione, esse si sono dimostrate tecnicamente rispondenti; infatti la fondazione spinge su archi, come si può notare dalle sezioni; ciò fa sì che tutto il peso del fabbricato sia ben scaricato sul terreno.

Nonostante la zona sia solo da pochi anni considerata “sismica”, il fabbricato ha resistito molto bene alle varie scosse susseguitesi nell’arco della sua vita; ricordiamo il terremoto del 1915, forse il più forte della zona.

Le fondazioni sono di tipo continuo, formata da grosse pietre legate a piccole con malta e alternate in diversi strati da una fila di mattoni messi di piatto. Le verifiche effettuate hanno messo in evidenza il sottodimensionamento della base fondale considerando gli odierni sovraccarichi, anche se solo in alcuni tratti, rendendo così necessario un loro consolidamento in fase di progetto e l’allargamento della base fondale per la ripartizione delle tensioni sul terreno.

Si procederà quindi, all’esecuzione di un doppio cordolo in cemento armato, affiancato internamente ed esternamente alle fondazioni dei muri portanti e collegato ogni metro mediante fori passanti di Ø 20. Le nuove dimensioni della base fondale risulteranno quindi cm. 110 x 60. Tale intervento d’integrazio-ne, oltre a garantire la riduzione delle tensioni trasmesse dalle strutture verticali al terreno, crea anche un effetto d’incatena-mento delle murature portanti perimetrali e di spinta a livello del piano di campagna, evitando cedimenti differenziati derivanti dai setti murari.

Durante gli scavi di sbancamento, necessari per la messa in opera delle nuove travi di fondazione dell’edificio, si procederà ad asportare, per l’intera superficie del piano terra uno strato di terreno dello spessore di circa 40 cm. per consentire la messa in opera di un nuovo vespaio in ghiaia.

Ad una altezza di circa 1 – 1.20 metri comincia il muro vero e proprio, o meglio la muratura che per la parte formante lo scantinato è molto regolare e conservata relativamente bene. Nelle volte autoportanti a sesto ribassato realizzate in laterizio che fanno da soffitto portante per la struttura superiore, non si notano rilevanti macchie di umidità e nessun fenomeno di cedimento. Pertanto esse si intendono salvaguardare e consolidare. A sua volta, il solaio del piano terra poggia sulle volte del seminterrato e risulta costituito da uno strato di massetto, privo di alcuna pavimentazione. In questo caso il piano d’intervento prevede la rimozione dell’attuale massetto con la realizzazione di una soletta armata ancorata ai paramenti murari mediante barre in acciaio.

Per quel che riguarda la struttura in elevazione, essa è a muri portanti con spessore che diminuisce man mano che si sale verso il tetto, partendo da cm. 50 fino ad arrivare ad uno spessore di cm. 40 – 45 al piano superiore. La muratura è del tipo a sacco, con mattoni sulle due parti e riempimento di detriti all’interno.

Come già accennato in precedenza, il palazzo presenta una discreta efficienza statica; il degrado delle murature è da attribuire principalmente ad eventi bellici (lato Via Martin Luther King), demolizioni (lato Nord-Est ossia la facciata posteriore) e chiaramente ad un degrado generale delle malte che, in alcuni punti, sin dall’origine erano povere ed hanno perso maggiormente la loro capacità legante. Il legante considerata l’epoca, doveva essere di malta di calce con tracce di cemento (si pensa a malta pozzolanica tipo M4).  Per quanto riguarda le fessurazioni, salvo un unico caso (lato Via Martin Luther King), queste non sono di tipo passante e anche nelle zone d’angolo dove vi sono spinte dei contrafforti, il paramento murario non presenta gravi lesioni.

Nelle condizioni di degrado più grave si rende necessario un intervento di “cuci-scuci”, per il quale è opportuno l’impiego di materiale “misto” recuperato in loco o proveniente da altre demolizioni che, per caratteristiche, dimensioni e tonalità dovrà essere simile a quello originario. Su tutti i prospetti, in seguito ad un leggero idrolavaggio con acqua compressa, sarà necessario praticare un’accurata stuccatura con malta di calce, dosata in modo tale da ottenere una tonalità simile a quella originale. Nelle parti in cui vi siano rotture, frammenti o piccole lesioni si interverrà con l’eliminazione delle parti deboli, distaccate o fratturate.

La facciata prospicente a Via Martin Luther King presenta esternamente un paramento murario in mattoni con una notevole presenza di finestre tamponate, per esattezza 10. Esso presenta modesti spessori e laterizi del tipo non portante per le quali, ad ulteriore miglioramento delle caratteristiche di resistenza delle murature, è prevista la sostituzione con elementi di laterizio pieno legati con malta cementizia ed efficacemente ammorsati nelle murature esistenti. Quest’ultime presentano inoltre, delle zone di distacco dei materiali, dovute al dilavamento delle malte ed al cattivo ammorsamento tra le stesse, che hanno creato dei processi fessurativi: si pensa di intervenire con iniezioni di boiacca. Il medesimo procedimento di intervento verrà effettuato anche per i due restanti lati che danno origine alla sala teatrale, dove anche qui sono presenti sul prospetto Nord-Est 4 finestre tamponate e nell’altro lato 5.

La facciata principale presenta quei fregi e quelle decorazioni che il progettista, quale allievo del Poletti, aveva attinto dal maestro; infatti la bellezza e l’imponenza del timpano centrale, danno una chiara idea dello stampo del Ferri; a ricordare poi il Poletti è la particolarità del porticato con le colonne raddoppiate agli angoli. Queste ultime, che nel corso di un apposito saggio sono risultate parzialmente cave, subiranno anch’esse un intervento di consolidamento e verranno sottoposte ad iniezione leganti con boiacca di cemento a pressione controllata.

Per quanto riguarda le architravature del colonnato, il legno è risultato essere di buona qualità e in un discreto stato di conservazione; si procederà pertanto ad una accurata pulizia di queste e, salvo la necessità di eventuali locali sostituzioni, si predisporrà un trattamento impregnante fungicida ed insetticida per la loro protezione.

In relazione alla sala teatrale il problema maggiore da affrontare è l’eccessiva snellezza delle murature, riscontrata in modo particolare nelle zone al di fuori della galleria, dovuta all’assenza di un impalcato di piano continuo su tutta l’estensione della stessa. Allo stato attuale in corrispondenza degli unici muri trasversali presenti nell’interrato esistono già due pilastri in cemento armato che si estendono dal piano interrato alla sommità dei muri a livello di copertura ed immediatamente al di sotto di questa. Questi sono stati realizzati recentemente con la finalità di costruire un elemento irrigidente di contrasto alla snellezza delle murature esistenti, ma oltre ad essere semplicemente addossati alle pareti murarie, risultano per di più completamente liberi in sommità, in prossimità della copertura in legno.

Il piano d’intervento per l’irrigidimento della struttura muraria della sala teatrale consiste quindi, nell’ammorsare questi pilastri con le pareti murarie e con gli elementi di copertura, in maniera tale da creare una nervatura anche in senso verticale, oltre a quella orizzontale costituita dalla struttura di galleria.

Mediante sondaggi e relativa documentazione storica, l’attuale galleria risulta essere costituita da profili in acciaio IPE 270, ancorati ai setti murari attraverso un cordolo inclinato come la galleria, armato di dimensioni 50×20. Ortogonali alla suddetta IPE sono stati riscontrati elementi in laterizio di dimensioni 25x4x80 costituenti il piano di calpestio e vincolati all’estremità da ulteriore profilo angolare in acciaio, imbullonato alla trave IPE. A completamento del piano di calpestio vi è un getto di calcestruzzo di cm. 3 debolmente armato.

La metodologia d’intervento strutturale per consolidare il tutto si articolerà con la rimozione dei piani di calpestio in caldana e laterizio e soletta sovrastante. Dopodiché si procederà ad una saldatura delle forcelle in acciaio Ø 8 ogni 40 cm. sui profili in acciaio portanti, atti ad ospitare n. 2 Ø 12 barre in acciaio, ancorate al cordolo esistente mediante ausilio di fiale. Successivamente verranno posizionati dei tavelloni in laterizio poggianti sulle ali delle IPE, fungenti da piano di posa per il successivo getto di calcestruzzo armato con rete elettrosaldata Ø 6 di maglia 20×20 cm. Tale intervento permetterà un miglioramento strutturale, in quanto si andranno così a collegare gli elementi portanti con i setti murari.

I solai erano originariamente di legno; attualmente sono solai in travi tipo “Varese”, sostituiti in diversi interventi susseguitesi dal 1965 al 1975, in occasione della riparazione dei danni bellici e all’adattamento della biblioteca. Essendo relativamente recenti, presentano un buon stato di conservazione, tale che verranno mantenuti ed adeguati nel progetto che segue.

I soffitti al piano terra non esistevano proprio, o meglio altro non erano che la vista della triplice orditura del solaio superiore; questo fino alle ristrutturazioni del 1965/1975, quando si decise di costruire una controsoffittatura al fine di ottenere una minore dispersione termica ed una migliore illuminazione utilizzando in modo più congruo gli ambienti destinati ad ufficio.

Al piano superiore invece si era cercato di celare l’ordito del tetto con dei soffitti a padiglione formati da arelle impastate con gesso. Molto probabilmente questi soffitti dovevano poi servire da “tela” per affreschi che non vennero mai eseguiti.

Il tetto è sostenuto da un ordito di travi in legno, come è ben visibile dalle sezioni. Il Palazzo era ed è tuttora coperto con normalissime tegole marsigliesi.

 

Il progetto di consolidamento

Il progetto prevede di organizzare il piano terra su tre sale. Quella principale rimane una sala di proiezione polivalente, capace di mutare il suo aspetto ogni volta che esigenze di rappresentazione lo richiedano: da teatro di posa a sala di proiezione, a palco per i cori, a sala concerto per musica. È la sala più grande, con una capienza di circa 220 posti a sedere (compresa la galleria); è dotata di due ingressi piuttosto ampi e di due uscite di uscita si sicurezza supplettive sui lati.

La sala centrale, più piccola, contiene il vano scale  per accedere al piano superiore; verranno posti un ascensore, i servizi igienici per il pubblico, la biglietteria del teatro e una zona bar.

L’altra sala posta al piano terra e di capienza limitata è da destinarsi in parte ad uffici direzionali, a sala multimediale  e in parte all’attività di esposizione ed organizzazione di piccole esposizioni o seminari qualificati, per esempio a complemento di mostre di maggiori dimensioni che potrebbero essere allestite al piano superiore.

Al primo piano, oltre ad essere collocata la galleria della sala teatrale e la sala di proiezione con i relativi macchinari, vi è una saletta ad uso dei fumatori con annessi servizi di pertinenza per il pubblico, dalla quale si accede anche alla cabina di proiezione.

La restante ala dell’edificio, dopo i necessari interventi di restauro conservativo, è destinata ad accogliere un museo storico-didattico a carattere permanente che dovrà assolvere una funzione informativa per chi visita il paese; all’incombenza può ospitare mostre o esposizioni temporanee.

Nell’altra ala invece, è previsto il ripristino del circolo, ex O.N.D., da adibire a locale ristoro utilizzando lo spazio antistante con seggiole e tavolini all’aperto.

Per quanto riguarda il seminterrato, nell’ala sottostante alla sala teatrale verranno allestiti i camerini, lo spogliatoio, docce e servizi per gli attori che fino ad ora non erano mai esistiti, dai quali è possibile accedere direttamente al palco mediante una scala interna longitudinale localizzata dietro il fondale di scena.

Lo spazio restante sarà adibito a magazzino per i materiali di scena, i costumi e gli archivi del teatro, nonché a locale caldaia.

Per non lasciare isolato l’intervento, si è pensato di arredare anche il verde circostante e precisamente il giardino posto sul retro dell’edificio. Si è cercato di distribuire il giardino prevedendo una percorribilità principale che va dalla piazza all’ingresso dei camerini e considerando come rami che si dipartono da questo tronco principale: l’ingresso al bar e l’ingresso ai camerini.

 

Conclusioni

Il programma di intervento per la rifunzionalizzazione del Palazzo Teatrale vuole essere una concreta risposta a quei problemi di carattere economico e sociale della popolazione, con l’intento di ridare a Coriano il suo contenitore culturale più importante.

Il problema principale è dato dal fatto che Coriano ricerca una propria indipendenza culturale; negli ultimi anni il paese è cresciuto non solo numericamente (sono stati superati gli ottomila abitanti) ed economicamente (oltre settecento aziende nel suo territorio), ma sono cresciute anche le iniziative culturali e ricreative promosse dall’Amministrazione Comunale e dalle varie associazioni oggi attive. Questo processo di emancipazione tende a coinvolgere tutta la popolazione ma spesso trova un freno nell’impossibilità di trovare sale sufficientemente capienti e capaci di accogliere il maggior numero di persone.

È questa nuova e continua ricerca di spazio che ha riproposto il problema del riutilizzo del Palazzo del Teatro Comunale, da troppi anni in disuso e degradato, con l’obiettivo di riconsegnare alla collettività un bene culturale che è stato per tanti anni inaccessibile ai cittadini: qui nel futuro si organizzeranno manifestazioni che consentiranno la sua fruibilità.

Il recupero intende creare un intervento che bene si inserisca nel contesto del tessuto urbano del paese. Esso, organizzato longitudinalmente lungo il corso principale sul quale si affacciano quasi tutte le attività, i giardini, la chiesa, la pensione, la banca e la piazza, dovrebbe avere in questo modo nel teatro il suo fulcro ideale.

Ecco che verrebbe a realizzarsi lo scopo dell’intervento: “un Centro per il centro di Coriano”.